mercoledì 30 giugno 2010

Jonathan Safran Foer - Se niente importa

Musica - queens of the stone age - no one knows (ascolta e guarda)



Non è una recensione questa, ma piuttosto una sorta di promozione a questo saggio. Non che ne abbia particolarmente bisogno visto che la fascia cartonata gialla -che ben risalta sulla copertina a sfondo rosso con testa grigia di bovino sgozzato su piatto- recita: terza edizione in due settimane. Qualcuno a riguardo ha detto: ma gli editori non sanno fare meglio le loro previsioni di vendita? 
Ad ogni modo questo libro dovrebbe essere letto da tutti. Se non proprio da tutti almeno da quelli che hanno a che fare, si interessano, sono attratti, traggono soddisfazione, se ne fregano del cibo, del mangiare e del fatto che tra questo e quello spesso ci stanno in mezzo gli animali.
Direi che lo dovrebbero leggere tutti quelli a cui le cose interessano. Quali cose? Con buona approssimazione tutte. In conclusione: leggete "Se niente importa". Investite questi 18 euro. Oppure prendetelo in biblioteca. Sarà comunque un investimento. A lungo termine. E gli interessi (che tutto e tutti muovono) sicuramente riempiranno, o lasceranno piene, le vostre tasche e quelle di più o meno tutto il pianeta.

Si parla di un problema: mangiamo troppo, ma soprattutto trappa carne. L'autore prende in considerazione la società statunitense, ma mutatis mutandis possiamo estendere l'analisi a noi europei nello spazio e nel tempo (probabilmente fra pochi lustri) alle popolazioni asiatiche. Non diciamo però che gli asiatici saranno il vero problema perchè sono tantissimi...checcazzo! sono un insieme di uno come io e come noi e quindi...non sono la goccia che fa traboccare il vaso.
Perchè questo modo di alimentarsi è un problema? Per un sacco di motivi. 
Inquinamento ad esempio. Ti stanno in culo quelli che girano con il SUV perchè inquinano? Beh, dovresti starti in culo anche tu visto che l'allevamento intensivo di animali incide in maniera ancor più rilevante sulla produzione di anidride carbonica.
Disprezzi chi abbandona i cani, li picchia o peggio ancora se li mangia? Probabilmente non sai che polli, tacchini, bovini, pesci e maiali -che possono essere accomunati per intelligenza e comportamento ai cani- subiscono dall'allevamento intensivo molto, ma molto di più in fatto di crudeltà di quanto non soffra il povero meticcio che hai visto malmenare. 
Molti altri, oltre a questi motivi, sono presentati e ben argomentati con dati e statistiche dall'autore.
Se stai puntando il dito contro le solite multinazionali, i politici che le sostengono (e che da esse sono sostenuti, perchè si sa una mano lava l'altra...) o i manager che dai loro yacht quelle stesse etichette gestiscono continua pure a tenerlo puntato quel dito, ma spostati davanti ad uno specchio. Ora stai indicando la causa prima del casino che si sta compiendo in questi ultimi decenni. Certo non siamo la sola ed unica causa, ma la nostra scelta di mangiare così tanto cibo e carne ad un prezzo bassissimo non può che portare ad allevamenti di tipo intensivo che danneggiano per primi gli animali, poi l'ambiente e alla lunga la nostra salute.
Prezzo bassissimo se si considera soltanto quello che paghiamo alla cassa del supermercato. Tutte le problematiche collegate a quel rapporto quantità-prezzo andrebbe rivalutato al rialzo considerando quanto in futuro -non poi così ontano- si dovrà pagare per rimediare agli effetti collaterali di un'ingestione smodata di cibo di pessima qualità, anche solamente in termini ambientali.

La sofferenza inflitta agli animali è uno dei problemi più approfonditi dall'autore che racconta le angherie che sono costretti a sopportare nella vita (se così la si può definire) per diventare prodotto finito sul banco del supermercato.
L'autore non ci vuole tutti vegetariani, magari fondamentalisti che con passamontagna e torcia si insinuano di notte negli allevamenti per distrugger il sistema. Possiamo più semplicemente decidere di mangiare meno e in modo più attento.
La situazione italiana è parzialmente, sottolineo parzialmente, differente. Ho lavorato in un allevamento intensivo di capponi. Per chi non lo sapesse questi sono polli che vengono castrati al fine di avere una miglior quantità-qualità di carne e che solitamente si preparano per il pranzo di Natale... o la cena di capodanno...non so, non mi ricordo mai, ma può essere che si mangino in entrambe le occasioni. Posso assicurarvi che l'allevatore voleva bene a quegli animali più di molte persone che possiedono un animale domestico. Però sono pur sempre 20000 (ventimila) polli (o ex polli) che devono mangiar, bere, crescere, rimanere vivi con la finalità di raggiungere un certo profitto. Anche gli allevatori cercano di mettere assieme il pranzo con la cena e non c'è altro modo, forse (ed è un forse molto grande), se vogliamo mangiare così tanto a così poco.

Spero che a qualcuno sia venuta voglia di approfondire la cosa. Se volete vi racconto meglio la mia esperienza riguardo all'allevamento o per quel che concerne la produzione di frutta e verdura che pongono altri problemi che nel libro non sono accennati, ma che importano anch'essi.
Se pensate invece che sono solo una marea di cazzate non vi biasimo, forse avete ragione. Concludo allora con le ultime righe del libro, che sono le parole che insegnò all'autore la nonna che visse un periodo nei campi di concentramento:
"Se niente importa, non c'è niente da salvare".

giovedì 24 giugno 2010

Antony and the Jonhsons - Kiss my name

Musica - antony and the jonhsons - kiss my name (ascolta)
Fotografia - metthew alan - il bacio


Kiss my name, cosa significa? Bacia il mio nome. Sì, e poi? 
Può voler dire bacia il mio nome dopo che l'hai appena pronunciato e si è già allontanato dalle labbra oppure pronuncia il mio nome mentre lo baci. Per me è migliore la seconda. Proprio nel momento intenso che si viene a creare quando le lettere prendono forma dal muoversi deciso della lingua, il suo batter sui denti e sul palato, le corde vocali che vibrano impercettibilmente assieme a tutto il corpo succede qualcosa di magico. Il suono prende forma nella gola, nel petto, a volte arriva dal fondo dello stomaco quando magari quel nome non l'hai ancora del tutto digerito. 
I suoni superano i denti, scivolano sulle labbra e le sfiorano per perdersi tutt'intorno. 
Ecco. Mentre tutto questo avviene... e l'aria spostandosi disegna la figura che il nome ha evocato alla mente: bacia questa figura. Bacia il mio nome. Mio solo perchè tu l'hai pronunciato.

venerdì 18 giugno 2010

Se vedi il caldo del sole

Musica - charlotte gainsbourg - in the end (ascolta)
Fotografia - anonimo - charlotte gainsbourg


Gli occhi, qualche volta, sentono il calore che ci arriva dal sole più di quanto lo senta la nostra pelle. Quello che vedi ti arriva, prima e meglio, dentro e ti scalda. E per dentro intendo che la sensazione di tepore ti arriva, si ferma e ci resta.
Il sole d’inverno è qualcosa di magico, una benedizione. Ma se ti trovi a camminare in città, meglio, in una città di memoria medioevale dove le vie sono strette e le case, fianco a fianco, non sono troppo alte, ti accorgi che il sole anche nelle ore centrali non illumina mai perpendicolarmente. Arriva sempre obliquo, dal fianco destro. O sinistro, se ti giri. Così, subito dopo, ti accorgi che solo un lato della via è illuminato. E lo scegli. Lo scegli per scaldarti. Se poi nello stesso inverno stai aspettando qualcuno e non hai fretta decidi di fermarti lì e stamparti un po’ di quel sole in faccia.
Qui entra in gioco quello che vedi.
E’ difficile da spiegare. Però le cose difficili, se preannunciate come tali, si riescono a capire più facilmente. Perché coscientemente ci si mette quel più di attenzione per dimostrare a se stessi e agli altri che ci si è arrivati. è un po’ il fine di ogni dialogo. e attraverso il dialogo si arriva alla conoscenza.
Quindi :        cerco di raccontare un’immagine difficile.
Sei lì, fermo. Devi decidere dove stare per goderti quel po’ di benedizione che ti arriva dal cielo. Inevitabilmente guardi a terra. Vedi tra i ciottoli, che si ripetono uguali, una zona illuminata. Un rettangolo illuminato. Uno spazio che possa contenere la tua figura.
Trovato.
Ti ci sposti dentro. AHHH….ti godi il sole che ti scalda i muscoli del viso rattrappiti dal freddo. Hai trovato quello che cercavi.
Se ci pensi un secondo però capisci che quello che andavi cercando lo hai trovato con gli occhi. Quel rettangolo di ciottoli illuminati dove ora hai i piedi.
Ecco. Proprio ora ti accorgi che i tuoi occhi, quelli che ti accompagnano da una vita, ti stanno fregando. Capisci che anche la tua vista vuole un po’ di quel calore che non può avere direttamente, ma solo di riflesso.
Puoi anche spostarti da quel rettangolo di luce illuminato, sui ciottoli illuminati dove hai i piedi. Puoi mettere gli stessi piedi un po’ più in la. Dove la strada non è illuminata ti scaldi comunque, i raggi ti arrivano lo stesso al volto. Il tuo corpo è comunque tutto illuminato tranne magari i piedi e le gambe fino alle ginocchia. Il sole infatti è obliquo. È inverno.
Lo so. Però….
Però vuoi mettere stare su quel cazzo di rettangolo giallo che sta li a terra? Lì anche gli occhi capiscono che c’è il caldo.
E forse è più caldo.

martedì 15 giugno 2010

Georges Simenon - Tre camere a Manhattan

Musica - michel petrucciani, jim hall & wayne shorter - bimini (ascolta a tutto volume)


"Finalmente, Francois!".
E, subito dopo, da donna qual'era:
"Ma sei tutto bagnato..."

Combe attore francese di successo -attore di teatro siamo nel '46- si trova a New York da qualche tempo, dopo essere stato abbandonato dalla moglie.
Kay signora di origine ungherese ex moglie di un diplomatico, anche lei a New York.
Combe e Kay si incontrano. In un locale del Greenwich Village alle tre del mattino.
S'innamorano, forse dopo alcuni giorni vissuti assieme da perfetti amanti-sconosciuti o forse da subito proprio in quel locale.
Sperimentano l'amore. Intenso, disperato, senza senso, discontinuo, bugiardo, vero.

Lui alzò il braccio, un'automobile gialla accostò al marciapiede, e si ritrovarono, come migliaia di altre coppie a quell'ora, nella penombra tiepida dell'auto, con una miriade di luci multicolori che volteggiavano ai due lati della macchina.


Trovo le descrizioni di Simenon capaci di farti condividere la scena dei protagonisti come solo un dipinto di un grande artista può fare. Sei lì, dentro quel taxi, sul marciapiede di quella via, nel corridoio di quell'albergo e vedi i palazzi, percepisci l'odore pessimo dei locali abusivi di Manhattan, assaggi il whiskey e ascolti il ghiaccio tintinnare nel bicchiere, senti il freddo delle gocce che cadono all'improvviso sul cappello del passante.
Tra queste fotografie, in cui ti sembra di apparire sullo sfondo, prende forma la storia d'amore che travolge i due protagonisti nelle tre stanze che li ospitano. Entrambi attraverso i pensieri e i gesti mostrano quanto assurdo può essere il comportamento dell'essere umano innamorato. Il loro umore sale e scende come sulle montagne russe, il giro della morte è sempre dietro la curva e un niente lo può far imboccare o evitare allo stesso tempo.

Gli restava un ultimo residuo di angoscia, e se lo portava dentro passando da un isolato all'altro, in mezzo a quelle case -cubi di mattoni lungo i quali corrono scale in ferro da utilizzare in caso di incendio- in cui viene da chiedersi come faccia la gente ad avere il coraggio non tanto di vivere, il che è in fondo abbastanza facile, ma di morire.

La trama semplice è solo il filo del bucato al quale sono stese le più belle lenzuola che, mosse dal vento, raccontano l'incontro tra due persone tenute vicine da due mollette. Il finale: il vento ingrossa, le lenzuola sbattono, si liberano dalle mollette e se ne vanno punto, punto, punto

Andandosene, chiusero la porta a chiave.

giovedì 10 giugno 2010

Imparare a correre

Musica - bob dylan - can't help falling in love (elvis cover)
Fotografia - stefano de luigi for Le Monde magazine

Stazione. urla di freni. mano destra fissa in mezzo al manubrio. borsa a tracolla con l'occorrente per la corsa e per la doccia. cigola per il peso e gli strattoni. berretto ben calato sulla fronte. fa freddo. mano sinistra sull'elastico-senza-laccio dei pantaloni della tuta. che cercano di sfilarsi ad ogni passo per il peso di quello che c'è in tasca. guanti. guardo per terra e vedo il marciapiedi sobbalzare. bob dylan negli orecchi. Can't help falling in love. controllo le punte delle scarpe. si alzano. piede a martello. 


Wise men say only fools rush in
But I can’t help falling in love with you
Shall I stay
Would it be a sin
If I can’t help falling in love with you



sto correndo con la bici al fianco e la ruota dietro inesorabilmente  a terra. non la guardo, troppo a terra. supero i pedoni a zigzag. non posso arrivare in ritardo. non voglio, mi stanno aspettando al campo per le prove. inizio a sudare sotto il peso della tracolla. e la giacca. via i guanti.


Shall I stay
Would it be a sin
If I can’t help falling in love with you



chi incrocio mi guarda. chi divertito. chi stupito. chi spaventato perchè stava ascoltando musica come me e non mi ha sentito arrivare. continuo a correre. piano, ma a correre.  anche il berretto se ne va in tasca. semaforo rosso. prendo fiato. penso


Like a river flows surely to the sea
Darling so it goes
Some things are meant to be
Take my hand, take my whole life too
For I can’t help falling in love with you



che sfiga però. bucare a metà strada quando mancano ancora due chilometri e mezzo. no dai! non bisogna pensarla così. bisogna. verde. bisogna ripartire . pensare che può essere un’opportunità (oltre ai soldi spesi in camera d’aria nuova). proprio bella questa cover. di corsa ancora. anche le ginocchia si alzano. le auto corrono alla mai sinistra in un andirivieni di luci rosse e bianche. le uniche che si muovono. fermi i neon dei negozi. fermi i lampioni. ferme le finestre di cucine-illuminate-e-pronte-per-la-cena. ferme anche se tutto sobbalza. altro semaforo. altro rosso. penso. scatto una foto al distributore per Stefano(leggi prezzibenzina.it). verde. via. riporto all’inizio la canzone. e lì, tra poco c’è…l’arrivo. voglio riascoltarla. sono quasi arrivato. cerco gli ultimi passi di corsa. ho capito qualcosa in più  sulla corsa. anche quella goffa con guanti, borsa a tracolla, pantaloni-che-scendono, giacca pesante, semafori e pedoni-birilli da schivare. sorrido. e mentre sorrido e corro gli ultimi passi, incrocio gli occhi e i capelli lunghi di una ragazza in piedi sul tram che quel sorriso me lo rimanda.


Like a river flows surely to the sea
Darling so it goes
Some things are meant to be
Take my hand, take my whole life too
For I can’t help falling in love with you

domenica 6 giugno 2010

Smalto verde con glitter

Musica - feist - i feel it all (ascolta)
Fotografia - potograph1803 - partirò da lontano, dalle dita dei piedi; honeycri - smalto

Se sei un individuo maschio, a prima vista manifestamente eterosessuale, piuttosto timido, poco incline alla battuta d'effetto -perchè hai sempre preferito i colpi dritti senza spin-, che cerca di indovinare dall'espressione che hai di fronte cosa passa appena dietro quella fronte...beh, potresti trovare interessanti le reazioni che puoi provocare con una semplice -tuttavia piuttosto insolita- domanda.

Entro in una piccola profumeria del centro, una di quelle con commessa giovane e carina, bancone ordinato, odore forte di non so quante fragranze, qualche stampa alle pareti, tra cui "Il bacio" di Klimt (immancabile) e un bianco e nero del primo piano di Marilyn con labbra rosse a contrasto. Aspetto che finisca di servire una signora. Poi chiedo: 
"Buonasera, sto cercando uno smalto." E subito dopo lasciando passare pochi secondi per non permetterle di pensare troppo: 
"Dello smalto verde con glitter." 
"Guardo qui un attimo, ma non credo di averlo. No, mi spiace non ce l'ho." 
"Grazie lo stesso, buonasera."
Spingo la pesante porta in vetro aggrappandomi alla maniglia verticale in legno stranamente freddo sforzandomi di non ridere. Chissà cos'è questo glitter poi, penso. Mi han detto di prenderlo di quel colore, ma per me il glitter può pure essere un piccolo canguro verdognolo tipico delle zone settentrionali del Queensland. Provo da un'altra parte. Vedo un negozio di quelli che fan parte di catene dai nomi evocativi -ma che trovo piuttosto scemi e non so perchè- tipo gocce e bolle, acqua e sapone, vapore detergente...sì insomma uno di questi. Porta automatica che si apre, onda d'urto di un odore indefinibile, ma decisamente stomachevole, che mi investe provocandomi un vago (perchè unico nel suo genere) senso di nausea. Raggiungo la signora in divisa e chiedo subito:
"Sto cercando uno smalto verde con glitter." Lei dapprima risponde con un sorriso che vuol dire tante cose, poi si sposta di qualche metro e aprendo in sincrono un paio di cassetti risponde:
"Non credo proprio di averlo. Già il verde è un colore difficile da trovare, con il glitter poi..." E ride. Allora per cercare di uscire un po' da questa situazione di imbarazzo, me ne esco con:
"Che poi io (sottolineando l'io) non so neanche cos'è 'sto glitter."
"Ah...sono i brillantini. Comunque mi spiace, ma proprio non c'è."
Ringrazio, saluto e spinto dallo stesso odore, che è l'unico a cui il tuo naso non si può abituare, esco con il secondo niente di fatto e l'idea che chi quello smalto me l'ha chiesto sta senz'altro ridendo alle mie spalle. Non mi abbatto e provo con l'ultima profumeria che incontro sulla via. Qui ho la netta sensazione che lo sguardo della ragazza che mi chiede di cosa ho bisogno metta in dubbio, dopo la mia richiesta, uno degli assunti iniziali (...dall'aria manifestamente eterosessuale) e mi battezzi come una drag queen. Alto/a, abbronzato/a, magro/a...magari non proprio bello/a, ma tant'è. Ad ogni modo la sua risposta è come le altre: 
"Il verde è difficile da trovare...forse in periodo di carnevale." 
"Allora è troppo tardi..." provo a buttar lì per fare una battuta cretina. 

Con un po' di sconforto colorato da qualche sorriso giro un po' a vuoto ripensando alla mia ultima mezz'ora. Che poi, non se lo metterebbe nessuno -sopra i 14 anni...anzi facciamo 10- questo verde con glitter. Il sole cala e la sera calda accompagna il ronzio dei pedoni che passeggiano disordinatamente sotto i portici, tra le vie del ghetto che si accendono di sorrisi forzati e saluti a voce troppo alta per essere sinceri. Presagio di sconfitta. E invece ecco l'epifania: incontro un'amica che fa la parrucchiera. Mi dà la dritta giusta e dopo due baci sulle guance qualche passo svelto, un buonasera e uno scontrino esco con il mio "vello d'oro" dentro un piccolo sacchetto di carta bianca. Vittoria. 
Morale della (giornata) favola: investire in smalto dal colore assurdo, in tempo da dedicare ad amiche parrucchiere, in richieste a mezzo tra l'imbarazzo e l sorriso a commesse di profumeria può portare ad allargare i propri orizzonti...in fatto di smalto.
Anche perchè, credete sia servito a qualcosa o a qualcuno quello smalto?

Beh, come qualcuno mi ha fatto notare, quello smalto a qualcosa è servito...Grazie.

mercoledì 2 giugno 2010

Conoscersi

Musica - johnny cash - i walk the line (ascolta)

Fotografia - sigrid verbert - pavé au chocolat


Due persone che si incontrano. Cos'è? 
E' la carta di un cioccolatino. Quelle colorate e di alluminio. Da nuova è perfettamente piatta, stirata, lucida, con le scritte ben visibili, i bordi perfettamente tagliati e allineati, senza alcuna macchia nè all'interno ne all'esterno. Poi inevitabilmente si mangia il cioccolatino e quindi lo si scarta. Beninteso, prima lo si scarta. 
La cartina finisce sempre appallottolata, una pallina imperfetta che il pollice e l'indice si divertono per qualche secondo a rigirare velocemente. 
La cosa più bella e più strana la si nota quando si cerca di ridistendere quella piccola carta. Certo, può sembrare un vezzo da vertigine dell'ordine, ma tant'è. Per quanto provi a lisciarla, usare le unghie, aiutarti magari con un piano liscio...beh quel piccolo pezzo di alluminio non torna più come prima. Qualche bordo si sarà strappato o sarà comunque irregolare. Ci saranno forse macchie di cioccolato. Parte di quell'alluminio se ne sarà andata. Insomma, sembrerà molto peggio di quanto non fosse prima, quando la bocca non aveva ancora quel sapore intenso di cioccolato. 
Provate però, per un attimo, a metter quella stessa cartina consunta sotto una fonte di luce. Guardate come quella luce sia riflessa in mille direzioni e mille toni. 

Ecco cos'è! Capacità di riflettere totalmente nuova.