sabato 26 novembre 2011

Dieci a...qualche ora del mattino


musica- regina spektor - genius next door (ascolta mentre leggi)
fotografia - gp - firenze santa maria del fiore


Calca. facce che fumano. è il freddo.

Corpi che spingono. è l'ansia da è-arrivato-il-treno-non-perdiamolo. che poi il treno è lì. fermo. e solitamente mi insegnano che aspetta che tutti siano saliti. Però fa freddo e forse è quello il motivo delle gomitate che ci si scambia in quei momenti. Mi accorgo tra l'altro che non posso farne a meno. Sono talmente compresso che anche se non mi muovessi sarei costretto a scontrarmi. Costretto dal posto e dal momento. spazio e tempo costringenti. Disagio. Disagio che ritorna ogni volta. come questa.

L'alba. è lei che mi accompagna in stazione. L'alba e le mani fredde.

Partenza confusa. è il sonno, data l'ora. L'ora che ho visto prima di addormentarmi, non quella che mi incrociava col treno sul primo binario per Roma.

Bianco. è la brina.Mentre lasci la città nell'autunno profondo scopri che è tutto bianco. I tetti, i giardini, gli alberi. Dicono sia l'acqua che il freddo trattiene addosso alle cose.

Spengo la vista. è la nebbia. Pochi metri di terra dal binario e poi nient'altro. Tutto grigio. Solo. un. piccolo. sole. tiepido. giallo. rifratto. vicino all'orizzonte.

E parlare dei maiali e delle francesi. Coi loro nasi. Dirmi che dovrei dormire non è proprio quello che vorrei sentirmi dire. forse è ancora meglio.

Risveglio. è la voce che "Bologna centrale, siamo in arrivo a Bologna Centrale". Conto cinque gru. senza ali. Diciotto cartelli pubblicitari. Sei insegne luminose spente. tre palazzi bruttissimi. uno molto alto, molto bello, con una gru sulla cima. in costruzione penso. costruzioni..

Buongiorno signori. è il controllore, anzi la controllore. Che si scosta appena per far passare un paio di pantaloni coloratissimi sotto una maglia di cotone bianco e capelli biondi raccolti elegantemente. Preme il il pulsante della porta scorrevole e via...

Dimenticare le parole di una canzona che si sapeva a memoria. continuavi a cantarla. Aveva delle bellissime parole. Neanche ballandone i passi che improvvisavi a memoria ti tornano in mente. erano belle parole

All'improvviso felice. è Firenze

sabato 19 novembre 2011

dieci a mezzanotte


musica - jon hopkins - light through the veins (full) (ascolta)
foto - unknow, maybe..



Cinque gradi. Nebbia che si dissolve. Fuori fa freddo.
Apro la finestra. Alzo la zanzariera di un'estate fa. Passata, l'estate, come le zanzare, quando la zanzariera, la stessa di prima, la si dimenticava alzata.
Cielo azzurro chiaro. Disteso sul pavimento nella macchia di sole proiettata attraverso la finestra guardo fuori. Il sole bianco, al centro della cornice. Pochi istanti e poi devo chiudere gli occhi. Sento il caldo.
Il.    Sole.    E'.    Caldo.
Anche in inverno. Lo ricordo proprio ora, che l'aria è fredda e bagnata dall'umidità della notte. Disteso, occhi chiusi. Ascolto.
Penso anche.
Penso che sarebbe stato bello scivolare su un gradino invisibile.
Far ridere chi mi stava vedendo.
Rialzarsi con eleganza.
Sparire.
Sparire lasciando un piccolo segno su labbra appena arricciate all'insù... in un sorriso.
Un sorriso scoperto dagli occhi appena sopra quella bocca, proprio qualche momento dopo, nel riflesso di una vetrata. Così, per caso, senza ricordarne il motivo, di quel sorriso.
Mentre aspetto che la bambina finisca la corsa nel piccolo viale, sperando non attraversi la strada anche se non passa nessuno. Di solito.
Girerà a sinistra e poi...
E poi forse, se resta bambina, torna a sbirciare sporgendo appena la testa da dietro la siepe. Per vedere che succede qui.
I capelli che pendono di lato, la faccia obliqua per non farsi vedere, gli occhi grandi e un sorriso. Quello di prima

domenica 25 settembre 2011

dieci a mezzanotte

Musica - gold panda - lucky shiner (ascolta mentre leggi)
Fotografia - gpasini - lanciano, nocera umbra, agriturismo la torre di lanciano



Giannelli Enrico. Tutto un po' in discesa. Seduto. Che sembra di avanzare, scivolare, anche se di poco appena. Abbaia e risale di corsa senza far fatica. Lasciandosi dietro un leggero alone odoroso di polvere che confonde la terra con la poca erba rimasta verde. Di un verde bruciato. Lanzani Alessandra! Mi lecca la mano e si siede di fianco. Ma come cazzo fai a non annoiarti mai? Ad essere sempre contento solo perchè ti porto a pisciare su qualche albero? magari è perchè sono alberi sempre nuovi che non avevi mai annusato, che ti sembra di conquistare il mondo? Mi guarda ancora più felice perchè gli sto parlando, penso. Tamburello una decina di volte le mie dita sulla sua schiena pelosa.
Maggioli Silvia. Maggioli Silvia (ripete). Mi alzo di scatto e corro in discesa per cercare di allontanarmi d di fregarlo, ma dopo due metri mi è già davanti a far festa con la bocca spalancata. Il vantaggio di avere quattro zampe. Rossetto Caterina... che per altro ha una bella camicia bianca sbottonata. Aperta. 
Passeggiamo uno di fianco all'altro con il caldo che ancora rimane attaccato a questa estate che sta per finire. come l'erba appena tagliata appiccicata alla maglie di chi si è sdraiato su un bel prato regolare, forse un po' troppo se non fosse proprio per quei fili. Appesi. A maglie bianche, gialle grigie, rosse, blu, arancio...
Che poi se hai sempre quest'aria felice vuol dire che non ti rendi nemmeno conto che sei felice! Hai capito? Ragionamento insulso dici? Però è logico, magari di una logica debole, ma sempre logica. Se non ti sei mai tagliato il pelo come puoi sapere come stai senza? Sei perplesso eh? Ecco è già qualcosa.
Vian Andrea. Vian Andrea (ripete). 
Mi sono sempre stati sul culo gli appelli. Chiamare per nome chi non conosci. E questo passi, ma fregarsene anche della faccia che ha...e in realtà prima ancora del nome! Ma che minchiate sto dicendo? Dai leccami la mano che torniamo a ...

domenica 4 settembre 2011

dieci a mezzanotte

Fotografia - gp - firenze ponte a santa trinità - nikon d90 f 4.8 t 1/13 iso 800 
Musica - nicolas jaar - time for us (ascolta mentre leggi io ascoltavo mentre scrivevo)


Parlez-vous francais? Non bene in realtà, ma con qualche parola provo a riempire il tempo senza abbassare di troppo la sua attenzione. Fino a quando non capisco che parlare a volte non è necessario. Metto il dito -indice- davanti alle labbra e il guinzaglio del mio cane nella sua mano, come a dire: seguiamo lui, che il francese lo sa. Un peu...
Contento, con la lingua di fuori sulla destra, parte strisciando appena il pelo sui suoi jeans puliti per far capire chi fa parte del suo branco. Il braccio si allunga, ora è l'estensione del guinzaglio rosso che non stona per niente con la camicia azzurra, larga e con i polsini sbottonati. La gente ci guarda distratta, non si accorge che non ci conosciamo per niente eppure stiamo camminando come fosse la cosa più normale del mondo. Come fanno?
Metto le mani in tasca in cerca di non so che e  trovo: a destra monetine, un pezzo di carta -per occupare la mente lo immagino scontrino-, e quel po' di peluria arrotolata di tessuto che trovi sempre nelle tasche quando fai le lavatrici e controlli prima -non sempre ovvio- per non lavare qualcosa di importante che è meglio resti sporco. A sinistra un elastico e la solita peluria da tasca.
Tolgo l'elastico dalla tasca, ci gioco un poco mentre vedo la sera avanzare, due vecchi seduti vicini su una panchina verde, un cestino stracolmo di rifiuti, una fila di lampioni accesi, i suoi sandali pestare una foglia secca, due macchine partire al verde del semaforo, l'aria che si rinforza e fa appiccicare la camicia alla sua figura, una finestra aperta con una lampada accesa tra molte altre finestre chiuse, un sorriso poco marcato ma convinto, il mio cane contento come la prima volta che vide il mare.
Forse sono solo io contento e vedo tutto filtrato.
Mi fa capire che vorrebbe fermarsi a bere qualcosa...Va bene, dico, e penso subito a dove andare.
Dopo il bicchiere si riempie, piano, di vino rosso che balla appena sulla superficie concava. L'odore è buono e piace ad entrambi che perdiamo ancora qualche secondo a ridere e annusare...rider-annusare-ridere-annusare.
Inizio col raccontare la pubblicità della nike che ho visto qualche giorno fa e diceva:
YESTERDAY YOU SAID TOMORROW
e le regalo l'elastico

finito il tempo. nuovo giorno. nuova notte
buona

martedì 2 agosto 2011

dieci a mezzanotte

Musica - i break horses - hearts (ascolta mentre leggi)


Solo il tempo ti può aiutare. Aspetta che passi un po' di tempo e vedrai... Datti del tempo per superare la cosa.
Uno si chiede allora cosa sia questo tempo, più che quanto lungo sia questo tempo per...per quello che deve servire. Il tempo...allora vediamo per me il tempo è spazio in movimento se guardo all'indietro, sensi sollecitati e impressi nella memoria. Non c'è nulla di vero in questo tempo, o almeno, di vero in senso forte. Quello che ci resta è sempre molto distante da quello che succede, solo che noi lo si percepisce sempre egoisticamente per quello che ci interessa.
C'è il tempo che vuoi vedere davanti. Quello è più o meno colorato con i colori dei desideri, degli ideali (che son pur sempre desideri mascherati) e della tensione a non vederci mai morti. Questo colore è ovviamente sfumato in mille tinte perchè per quanto uno si impegni è veramente difficile da disegnare tutto e in maniera precisa quello che ci viene di fronte.
C'è, infine il tempo del presente, che...che è questo.

finito il tempo. nuovo giorno. nuova notte
buona

lunedì 18 luglio 2011

un treno quasi perso

Musica I - phoenix - rome (ascolta mentre mentre stendi) "we share a cigarette somewhere"
Musica II- king creosote & john hopkins - bubble (ascolta mentre si asciuga)
Fotografia - gp - f 4.8 t 1\200



Riempio uno spazio vuoto. Bianco. In primo piano una finestra aperta, in legno di abete marrone scuro con delle venature grigiastre dovute al tempo e all'aria salmastra. Sì, oltre alla finestra c'è il mare. Non che centri qualcosa, ma il mare mi piace e ce lo voglio mettere anche se solo fuori dalla finestra, in lontananza senza che si veda. Che si senta sì però.

Sotto la finestra la via di un centro, una zona pedonale. Qualche persona che passeggia, discorsi calati di punto in bianco, che entrano dalla finestra aperta per il caldo, rimbalzano sui muri macchiati dal tempo e su una stampa di un  quadro di schiele portato come ricordo da un viaggio o da qualche mostra.
Poi fuori. Di fronte, un palazzo alto poco più di due piani. Due fili bianchi da bucato che partono da sotto la finestra per raggiungere la casa di fronte e ritornare pochi metri dopo.
Mi piace questa cosa dei fili del bucato che uniscono. Ci stenderei la mia maglietta azzurra. Vicino alla canottiera a righe orizzontali bianche e viola della vicina di fronte. Disegnerei una mano sul muro con le unghie rosse. Anzi no, disegnerei sul muro di fronte due piedi con le unghie rosse. Il colore rosso lo darei con un smalto da unghie. Così troverei due piedi che si lasciano colorare. Aspetterei il sole della sera, caldo e fermo, le voci che passano di sotto, i gatti che si spostano con l'ombra, i capelli mossi dal vento, i viaggi fatti per caso, le vite girate al contrario, i cocomeri freschi sul balcone,
Troppo mieloso...
e un sorriso. Il primo. Senza noia.

martedì 12 luglio 2011

Se questa è vita

Musica - nada surf - blankest year
Video - apertura della rosa di Gerico - 6 pic/min, 20 ore



La rosa di Gerico - o pianta della resurrezione - è una figata.
Intanto se non ci dai acqua, non fa la vittima ma se ne sta secca secca, buona buona, in attesa che tu ti ricordi di lei. In secondo luogo puoi portarla in giro, che quando devi spostarti lei si appallottola. Te la possono regalare anche se devi andare in aereo, per dire, che al limite uno non serve neanche la tenga nella valigia ma ci sta benissimo anche nelle tasche del giubbino. Per dire.
Fatto è che questa palletta rinsecchita basta che annusi l'acqua e rinasce completamente, aprendosi nell'arco di 2-3 ore e riacquistando un colore verdognolo...dico verdognolo perché anche se mi suggeriscono "verde brillante" non me la sento di definire in questo modo il colore della mia rosa.
Wiki fa anche notare come il fatto che si apra non sia necessariamente indice di vitalità, ma potrebbe essere semplicemente un riflesso della pianta morta, fisiologicamente programmata per aprirsi e rilasciare i propri semi in un ambiente umido (e quindi favorevole alla propagazione della specie). Diabolica!
Fortunatamente, in quest'epoca di idioti, non ci fa ne caldo ne freddo che la suddetta rosa sia viva o morta.
Basta che si apra e si chiuda a comando.

Come diceva qualcuno: nuovo giorno. nuova notte.

Buona

sabato 25 giugno 2011

dieci a mezzanotte

Musica - virgo four - it's a crime (ascolta)
Fotografia - gp - padova portello - f 4.5 t 0.65 iso 3200

e oggi cosa abbiamo imparato? Ah ecco... pensavo a Cees Noteboom scrittore olandese famoso per giocare con spazio e tempo. Soprattutto con lo spazio per quello che ho letto io di lui. Uno dei suoi racconti, secondo me, più riusciti parte da una foto. Il protagonista prende la foto e la guarda. Vecchia foto di un gruppo di amici a Venezia. Tipico no, per un europeo? Pensa al valore di quell'immagine. al suo valore per ognuno di quei signori sopra stampati, bloccati, ma in qualche modo vivi di una vita propria, diversa da quella delle persone in carne ed ossa che la foto rappresenta. Racconta poi della fine che qualcuno ha fatto o della fine che qualcun'altro deve ancora fare.
Scatto la foto che c'è lì a destra. Qualche nordafricano mi chiede se per caso stavo fotografando lui o i suoi amici.
Appoggio la borsa. Vedo facce sconosciute. Guardo facce sconosciute. Prendo il monopattino. Arrotolo i pantaloni troppo lunghi. Vedo altre facce, palazzi, cancelli, porte, bar, biciclette, macchine sfuocate dai fari che proiettano, un fiume, una chiesa, un ponte, molte rotonde, altre facce. Salgo le scale. Sento storie che trovo strane, assurde e allo stesso tempo normali, arrotolo una manica della camicia. Mi viene alla mente uno stormo di uccelli che ho visto poche ore prima. Un bel gruppo di non so cosa, erano troppo lontani. Ricordo però che sembravano una macchia psichedelica per lo sbattere delle ali. Bel vedere: puntini neri-su sfondo azzurro-terso-macchiato da qualche nuvola-bianca-non molto alta.
Poi ritorno a pensare a persone che deludono altre persone che deludono altre persone che deludono altre persone che deludono altre persone che deludono altre persone che deludono altre persone che deludono al... sperando di non deludere nessuno. Con coscienza almeno. Perchè altrimenti è come una vena piena di schifo che si accumula giorno per giorno e che prima o poi esploderà, riempirà dello stesso schifo tutto attorno e difficilmente riuscirà ad essere cucita. Eventualmente...una cicatrice indelebile. Eppur son persone...

venerdì 17 giugno 2011

dieci alle 6 (a.m.)

Fotografia - gp - D90 f 3.5 t 1/2500
Musica - massive attack - paradise circus feat. hope sandoval (ascolta)



Ho acquistato le ciabatte. Era un po' di tempo che lo dovevo fare e mi sono deciso. So che sono soltanto ciabatte, ma è stata una scelta importante lo stesso. Ne ho visto un sacco di modelli. Infradito: scartate subito. Troppo poco flessibili. In inverno che fai? col calzino sono scomode...Incrociate: eccessive per stare in casa forse. tranne un modello carino che rassomiglia parecchio a quelle cose-che-non-so-come-si-chiamino che portano i giapponesi. Sì insomma mentre stanno lì vicino al tatami, si mettono quelle cose parecchio ingombranti con la suola in legno, avete presente?
Poi ci sono quelle in gomma. Le crocs o simili...che so io come si chiamano. Nate negli ospedali, portate da tutti. Sarà per Scrubs, Doctor House, Grey's Anatomy, che se non sbaglio sono serie che tirano parecchio e che sono girate più o meno sempre in interni dove tutti indossano ste cose in gomma. Colorate. Hanno persino degli affarini che tu puoi attaccare nei buchini che forano la parte superiore. Ma che bene.
Poi pensi al viaggio in barca, scendi nella metro di Wien, capisci cosa ti dice, in tedesco,  la vocina metallica alla fermata e mangi una mela schifosa proprio prima del teatro dell'Opera di Stato. Ti resta un gusto pessimo, sputi un pezzetto nel tombino e prendi l'ultimo cocco fresco dalla cambusa. Domani bisognerà comprarne ancora. Che poi domani........
non mi ricordo cosa volevo dire.
ah ecco! volevo dire cosa ho imparato oggi:...
Non ho voglia. sono un sacco di cose. Invece mi ricordo che per fare un buon Mojito servirebbe lo zucchero di canna raffinato. Quello bianco. Mi ricordo anche quanto fastidiosi siano gli ubriachi al bar quando sta per chiudere. Da fuori sono anche divertenti, ma soltanto il giorno dopo, quando ci ripensi. Se poi è una ragazza a chiederti cinque "Rum e pera" per le sue amiche...beh allora è ancora peggio.
It's a thunder and its lightening!
Alla fine le ho prese bianche le ciabatte. Comode. Classiche. Leggere. Non si può sempre esagerare dai...

mercoledì 8 giugno 2011

dieci alle 6 (a.m.)

Musica - jacques green - another girl (ascolta)
Fotografia - gp - budapest - EOS 450D f 5.6 t 1/250



"Basta lavorare per oggi, andiamo a casa".
La polvere nera è quella di un'officina di provincia. Vetri scuri che filtrano quasi tutta la luce, portone grande all'entrata e pochi spazi non riempiti. Un calendario. Un orologio. Un'infinità di scaffali. Lampadine appese a fili che si muovono appena per l'aria -poca- che passa.
"Certo che nella tua situazione mi fai proprio pena".
"Ma scusa, come fai a sapere? Come fai a sapere che mi ha..." "No, dico, nella tua situazione mi fai proprio pena, punto!" "Sì ma, che colpa ne ho?" "Che ne so?"
Fine.
Non sempre è questione di colpa.
Si aprono gli occhi e il sipario ma non si riesce a mettere a fuoco. La luce rare volte è da ostacolo alla vista. Le sei sono lì ad un passo. Letto caldo, aria strana, pesante. Forse per colpa della polvere dell'officina.
La differenza tra star male e essere morti è che il primo lo puoi sentire, l'altro no.
Poi, l'epifania! Cos'è un'epifania? Qualcuno o qualcosa che ti fa realizzare, comprendere la più ovvia tra le evidenze che avevi davanti agli occhi. Era da sempre lì, ma senza quell'epifania forse non ci saresti mai arrivato.
...da lì si deve iniziare

domenica 22 maggio 2011

La fine dei treni

Musica - chris and the other girls - ready if you are (ascolta)
Fotografia - mc - 450D - f8 t1/160


Senza dubbio! La fine dei treni è la parte migliore. Dei treni. Perchè se manca la locomotiva-coda-treno, che fa da ultimo vagone, e hai la fortuna di accorgertene, puoi sederti per terra, sulla moquette della piccola entrata subito dopo gli scalini e guardare oltre la porta in vetro. Porta che di solito divide i due vagoni, mentre questa volta divide te dalla terra che corre. Spingi i piedi verso il vetro, la schiena sulla plastica fredda e azzurrina.

Terra che scappa. Sembra che tutto quello che vedi parta dalle tue spalle e si stacchi dalla pelle per perdersi tra due rotaie che si stringono lentamente per non darsi fastidio. Tutto molto veloce se ne va. Fa male, ti lascia una smorfia graffiata sul muso.
Ti accorgi di piccole cose che non avresti mai e poi mai immaginato. I fili, che mandano avanti la locomotiva, che sempre credevi paralleli ai binari in realtà fanno zig-zag tra una rotaia e l'altra come per noia. Se li guardi dal basso, dal vagone, mentre stai viaggiando veloce, sembra di vedere un pendolo in aria: destra-sinistra-destra-sinistra-destra-sinistra...
Oppure certe volte il tutto rallenta e sembra essersi rotto qualcosa. Invece è soltanto la stazione che stai per raggiungere che vuol farsi vedere bene, prima di sparire. Un punto. Un niente! Chissà perchè le cose che se ne vanno devono prima diventare piccole.
Ovviamente devi ascoltare della buona musica perchè nell'anticamera del vagone c'è un casino incredibile...che tra l'altro ti serve anche se arriva una bambina indiana in braccio ad una mamma un po' stanca dei suoi pianti senza un motivo. Ti serve perchè se la musica è buona, ti riesce facile fare qualche faccia stupida da contraltare al pianto della piccola. Chissà perchè una smorfia stupida vince un pianto stupido. Fai la lingua, e le lacrime si incastrano tra le pieghe della sua pelle morbida di bambina, proprio sopra la bocca che ride.
Le lacrime si seccano sulle guance rossicce, i capelli nerissimi si muovono con l'aria che entra dalla porta, gli occhi piccoli si girano un'ultima volta mentre la mamma scende gli scalini, il collo gira la testa. Non c'è più. Andata.

giovedì 31 marzo 2011

(RI)dieci a meyyanotte...ma chi crede alle vecchie yie?

Musica - julian casablancas - tourist (ascolta mentre leggi)(anyi guarda invece di leggere che ho sentito dire sia parecchio figo sto julian)
Fotografia - gp - part of a girl  d90 f4 t 1/1250


Hai presente una ruota che gira? Anyi prima di immaginartela aspetta un secondo e pensa ad una bici capovolta. Ruote all'aria, sellino e manubrio per terra. Prendi in mano il copertone, che sarà sicuramente sporco, e dagli una bella spinta. Allontanati di qualche metro e osserva. Osserva bene soprattutto quel piccolo peyyo di plastica arancione. C'è in tutte le ruote, nessuno lo nota però sta sempre lì. Nessuno se ne cura anyi è piuttosto brutto, ma lo si lascia perchè è un casino toglierlo. Qualche yia dice che ti può salvare la vita, ma chi crede alle vecchie yie?
Nella testa ne ho uno di quei peyyi di plastica catarifrangente. Continua a girare anche per me e gira e gira e...
Una storia.
Che fa avanti e indietro per le ossa craniche come un famoso salvaschermo di grossomodo quasi il 75% dei pc in commercio. Che storia?

C'era una volta una torta che stava per essere preparata. Preparata per n naso che non sentiva odori e per una bocca che se ne fregava dei sapori. Per la pasta yuccherata c'era un poco di burro, yucchero, un tuorlo d'uovo, una spolverata di mandorle, farina acqua e il solito piyyico di sale.
Per la crema di cui voleva ricoprirsi per uscire a testa alta dal forno un bel po' di cioccolato fondente, del latte, panna fresca, alcuni tuorli e dello yucchero.
Uscita parecchio bene, forse un po' bassa, direi proporyionata se ne stava li ad aspettare il suo naso e la sua lingua. che altro deve fare una torta. Aspettare e farsi mangiare. Aspettare. Aspettare...aspettare, aspettare.
E se poi non arriva? Due sono le possibilità:
1)aspettare e sperare.. che magari va bene.
2)andarsene da qualcun'altro con il carrello della spesa ben capiente per passare qualche ora diversa, in ogni caso, dalle aspettative.

Sceglilo tu il seguito, anyi inventane anche un altro se ti va di darmi una mano. Perchè la ruota gira, gira, gira...

Ad ogni modo mi manchi. Ecco tutto e la storia forse ricomincia proprio da lì.

[ndb: chiaramente le y sono sostituite dalle z...sto usando una tastiera tedesca...e ho risparmiato di sbagliare appositamente tutti gli accenti e gli apostrofi...so che non interessa, ma sembrava carino dirlo]


martedì 8 febbraio 2011

dieci a mezzanotte

Musica - daniel benjamin - escape! (ascolta mentre leggi, ma scolta)


Su un semi soppalco, seduto sul parquet non laccato. marrone scuro. schiena contro il muro. bianco. testa appoggiata all'ultimo elemento di un termosifone in alluminio smaltato. bianco. bicchiere appoggiato sopra una vecchia macchina da cucire. rosso, rosso vivo da spritz al campari. un maialino e una mucca sopra delle piccole campane vicino al cantante, che avvicina la mano, tira la cordicella e da setto e otto piccoli colpi incerti alla campana-sotto-maialino. Dietro di lui lei. Sì, lei che, seduta di fronte ad un clavicembalo, aspetta l'ultimo rintocco per iniziare.
Chitarra, grancassa, hi-hat, rullante oltre alle campane. Poli-strumentista con un talento particolare: la sincerità. Sincero il suono, sincera la voce, sincero il suo inglese. già, perchè viene dalla  Germania. Lei invece è Greca. Un brano che li unisce parte come un sirtaki con le mani del pubblico che scaldano la piccola sala che ci ospita.
Ambiente caldo, vibrazioni da loro a me. Bello quando suonano per tutti, ma sembra che suonino per te. Il piede che tiene il ritmo sul legno, il bicchiere che si svuota piano. Ragazze sedute su cubi di legno e stoffa. Strofinacci sopra il rullante e la grancassa a dirti che ti trovi a casa tua ed è come se non potessi disturbare i vicini. Il bicchiere ha perso il rosso di prima e s-forma soltanto le immagini che lo attraversano a fatica. Mentre il piede continua a ritmare la gamba, la mano gli sta dietro. Peccato. Peccato cosa? Peccato non aver portato un paio di scarpe nere con i lacci rossi. Sarebbero state bene. Credo. Torno al maialino, al termosifone, alla vecchia macchina da cucire, al bicchiere, al parquet. Arrivi, parli, bevi, ascolti, tieni il tempo, ascolti, chiudi gli occhi, vedi, ascolti, ascolti...Forse questo della musica può dare qualcosa alla nostra condizione. Non so cosa sia questo qualcosa, se egoismo, se piacere, se casualità, se scontro, ma innalza. Gli occhi. Sinceri.

martedì 4 gennaio 2011

il coniglio nero e la tenda rossa

Musica - kele - everithing you wanted (ascolta)
Fotografia - gp -  A100 f 5.6 t 1/80 - A100 f 5.6 t 1/50



ovunque. Parti e decidi di prendere l'aria in faccia di luoghi che non conosci. Così sono partito. Prima, un salto molto alto per portare la tenda via con me. Non voleva, o sembrava non volere. certe volte non bisogna lasciare scelte, soprattutto a chi scelte non ne vuole fare.
Sospeso in aria per quei pochi istanti per liberarla e portarla con me ho pensato ad una cosa. Alle lacrime di vetro che verserò prima o poi. Magari di felicità. In una giornata calda, in una stanza semibuia per ripararsi dal sole con la luce che taglia in diagonale le pareti.
Poi sono sceso con la tenda tra le zampe e i tra i denti. Mi sono sentito bene.
E adesso?
Adesso si ride. Mentre si viaggia verso ovest. Abbiamo incrociato un gruppo di motociclisti che con un cenno rapido ci hanno salutato e augurato buon viaggio. Mi piace viaggiare leggero senza direzione e la nostra è... il Messico. Senza direzione verso le americhe. Messico, dico, e la tenda mi guarda strano sorridendomi perchè non crede che arriveremo mai, ma sa e me l'ha detto che ci arriveremo. Non credere ma sapere. Sembra un ossimoro, ma sono pur sempre un coniglio che si è innamorato di una tenda. Rossa.
Ho lasciato dietro di me un appartamento nuovo, una discreta compagnia, qualche bel tramonto, molti ricordi. Ho portato con me...una tenda rossa. L'ho già detto mi piace viaggiare leggero.