sabato 22 novembre 2014

dieci a mezzanotte

musica - b.fleischmann - composure (ascolta mentre leggi)
fotografia - gp - sevilla, setas - d90 f/4.5 t:1/30 ISO:2500




Non ricordo chi diceva -e non ho intenzione di googlearlo- che la morte è una livella sociale, mette tutti sullo stesso piano. Orizzontale.

Ho avuto un'illuminazione su un'altra livella sociale: il mattino. Il mattino del prima che sorga il sole. L'ho scoperto da poco. Non l'ho scoperto da solo per altro, mi ci han praticamente portato.
Più che livella sociale lo si può definire come una sorta di cambio di prospettiva su un aspetto curioso e caratteristico degli agglomerati urbani che siamo abituati a chiamare, da un bel po' di tempo, città.

In città, in quelle italiane per lo meno (che non siano Milano, Napoli o Roma, molto più grandi della media) si riconoscono sempre due zone. Il centro e quello che al centro ci sta attorno. Chiamalo periferia, zona residenziale, sobborgo, hinterland o in tutti gli altri modi che vuoi, ma rimane il non centro.

Il centro si distingue per essere più fighetto, almeno come idea che dà e come prezzi che gli danno i vari venditori, locatori, commercianti di qualsivoglia merce che puoi trovare tra le vie impettite di palazzi storici.

Il centro di giorno? Persone che stanno andando a lavoro. O che stanno andando a cercarlo. Studenti che dovrebbero essere in classe, ma se è una bella giornata li vedi passeggiare con zaini improbabili e capelli ben pettinati. Serrande aperte. Odore di pane dalle panetterie, di dolci dalle pasticcerie. Di fiori dalle fiorerie colorate da secchi di metallo con dentro tulipani variopinti. Chi si incontra si saluta, chi si incontra e cerca di non salutarsi.  

Il centro la sera? Beh, inutile dirlo, arrivano persone, come formiche, da tutte le parti, escono pure dai palazzi più antichi -quelli che nessuno pensava fossero abitati da persone vere- per avventurarsi tra aperitivi, incontri, cene, concerti e altre forme di vita associativa a cui si dedica solitamente la parte finale della giornata.

Fuori dal centro tutto questo ronzare di attività, anche se in parte si può verificare, perde di fascino e, come spesso accade, le cose sbiadite passano inosservate.

La periferia potrebbe essere riassunta con un'immagine: c'è meno luce. Come se lì la sera arrivasse prima. Non ci sono i locali che la tengono sveglia con il loro ronzio umano da giro in giostra.

Dicono persino sia più pericolosa. dato che la vita costa di meno, il luogo comune che viene subito in mente è quello che ti dice: dove costa meno ci vive chi più delinque. Bene.
Non nel senso di "delinque bene". Era più un bene, prenditi una pausa su questo luogo comune e poi prosegui.

Però il mattino... eh il mattino il centro lo frega un po'. Lo frega proprio a favore del fuori-centro. In centro al mattino è rimasto tutto il grigio della notte prima, tutto il casino-non-digerito che la sera ha lasciato in eredità.
L'ubriaco che, smaltita la sbronza e passata al riparo la notte, se ne deve andare per non dare troppo nell'occhio.
I camion dei rifiuti con quelle luci fastidiose e il casino incredibile da camion troppo vecchio per strade troppo strette e le vampate di gasolio puro che rifila quando riparte...
Nessuna faccia nota perchè il ricambio di persone è alto e sembra quasi, a quell'ora di essere sempre in una città diversa.

La periferia invece?
La signora che stende il bucato nel giardinetto di fronte casa, perchè se non sei in centro, un po' di giardino lo hai anche. Ti saluta con il sorriso e urla al figlio che se tarda ancora un po' a scuola non ci arriva più.
Il cane che fa la passeggiata, ti vede e ti lecca felice prima di finire a gironzolare nel parchetto del quartiere. Che magari un po' di giardini li han ricavati tra le case della periferia.
Il signore distinto che sistema il bidone dei rifiuti e ha tempo di dirti qualcosa sul tempo che non si decide a migliorare.
L'anziano in passeggiata mattutina, con quotidiano sotto al braccio, cappello a tesa in testa, paio di "beats" over ear e un saluto guascone di chi la sa lunga.
La ragazzina che trascina lo zaino alla fermata del bus e aspetta con una faccia assonnata che solo lei. Mentre fa giorno.

Ecco che allora basta cambiare un po' la prospettiva, mettere a fuoco pur con poca luce, guardare bene e rendersi conto che... rendersi conto che.

finito il tempo. nuovo giorno. nuova
notte.
buona

domenica 18 maggio 2014

dieci a mezzanotte

musica - eurydice - the pains of being pure at heart, live (ascolta mentre leggi)(meglio la versione studio qui su spotify, ma se non avete l'account...)
fotografia - gp - monti lessini - d90 f/4.8 t:1/250 ISO:400



Ho visto viaggiatori serali su regionali veloci che si concedono una certa quantità del tempo di viaggio per dormire. Ma dormire in un modo particolare, direi atavico. Cullati come un tempo, quando, neonati, erano gli altri a decidere il loro ritmo circadiano. Guardarli fa sorridere, ma dà anche un retrogusto, per così dire, felice alla faccenda ritorno-di-fine-giornata.

Chi con le cuffie ficcate dentro gli orecchi e con la testa coperta da una coppola a quadri blu e gialli di cotone leggero -per la primavera, che non vuole arrivare, ma spera di propiziare- avvicina il mento al torace e un po' per la musica, un po' per i binari che fanno dondolare le carrozze, dà dei piccoli colpi col mento sullo sterno, in una strana danza. Non troppo forti, non troppo bruschi, quasi per simulare un ballo sincopato. I capelli cortissimi e bianchi che spuntano ai lati della coppola fanno sperare in un pezzo dei The Who in quelle cuffie. Magari, invece, si fa cullare da un brano shogaze, che vista l'ora e l'occhio nascosto dalla palpebra spiegherebbe molte cose, ma non riesco a sentire...

Chi incassa appena la testa tra le spalle. Flette lentamente il collo in avanti. Lentamente, piega piano, piano, quasi impercettibilmente, la testa verso il basso. 
Piega... piega... piega e poi BAM! ritorna diritto. In posizione di partenza, senza aprire mai gli occhi che tanto la strada da fare la conosce bene. 
Infatti ricomincia: scende piano piano, piega... e BAM! su di nuovo. 
Puoi passare parecchi minuti pensando che prima o poi si sveglierà, oppure che un colpo da un momento all'altro farà rotolare la testa sul sedile di fronte. Invece niente, continua così, presumibilmente fino alla sua fermata senza svegliarsi... 

Chi preferisce stare con la testa di lato. Destra o sinistra non fa differenza. Si alternano. Se è molto stanco e gli capiti seduto di fianco può pure essere che intraveda in te e nella tua spalla un futuro da cuscino. Per fartelo capire ci si appoggia a quella spalla. Ma sono momenti di rara vita vissuta, da raccontare con qualche messaggio su WhatsApp, proprio mentre ti succede e magari da incorniciare con un autoscatto (li chiamano selfie...ma ce n'era bisogno?). Forse un po' di compagnia, in fondo, la fa anche... 

Chi con la faccia stanca dalla giornata di sveglia-treno-lavoro-capo-che-ti-insegue-pranzo-lavoro-pausa-caffè-colleghi-che-salutano-treno sa bene cosa fare. Finalmente. Sul suo treno di casa. Troppo abituato a quel sedile dondolante per non approfittarne un po'. Appena si parte le mani fanno una specie di palla con il maglione, quasi in automatico. La testa trova subito il suo posto sopra quel maglione, con sotto quel poggiatesta, un mezzo sorriso compiaciuto e... 

Chi con le gambe magre di ragazza distratta, se ne sta raggomitolata in prima classe - che ogni tanto si inventano di far diventare seconda - su sedili un po' più ampi del solito, ma scomodi uguale. Tutta raccolta con piedi e ginocchia incastrate sul sedile. Tolte le scarpe e appoggiate con strana cura appena sotto il sedile. Vicine. Le braccia raccolte, i gomiti bianchi dell'inverno uno contro l'altro e le mani aggrappate tra loro sotto la guancia. Arricciata addosso a labbra appena aperte...

finito il tempo. nuovo giorno.
nuova notte. buona 

lunedì 24 marzo 2014

dieci a mezzanotte

musica - i tuoi maledettissimi impegni - max gazzè (ascolta che non c'è niente da leggere)
fotografia - non pervenuta

ma chi se ne accorge a due anni di distanza?