domenica 21 novembre 2010

dieci a mezzanotte

Musica - blonde redhead - love or prison (ascolta mentre leggi)
Fotografia - mc - canon 450D f/8 1/60 sec



Chiudi la bocca. Chiudi la bocca. Chiudi la bocca. Chiudi la bocca. Chiudi la bocca. Chiudi la bocca. Dentro lo scheletro di una balena. Giallo, dal tempo. Si cammina a fatica, con il busto piegato in avanti e qualche libellula che si leva al passaggio. Prurito alle spalle fino all'attaccatura del collo collegato al pallone aerostatico chiamato differenza-dai-primati. Pallone colorato a strisce: giallo-arancio-rosso-viola-indaco-nero-nero-nero-verde-azzurro-nero. Bene. Bi e enne e.
Note sollevate dal pentagramma. Che leggere! Nate lì, su spazi bianchi, alcune tagliate da fili neri che le sospendono lungo strade grige, in giornate azzurre, col sole rosso della sera che fa vibrare l'aria su asfalti bruni strisciati di bianco.
Il ritmo, quello della pioggia; il suono, quello di chi russa piano la mattina. Il naso, chiuso. Le labbra, pure. Mentre rido e guardo nell'ombra.. naso, ciglia, piccolo orecchio, guancia incollata al cuscino, fronte appoggiata alla spalla. Vedo, da vicino, la distanza che separa l'idea del russare dalla realtà del russare. Piano. Non dà più di tanto fastidio. Un leggero sorriso nel vedere il respiro che le muove la pancia con un tempo regolare. Il rumore grattato del russare tipico da raffreddore. Un gatto che fa le fusa.

Finito il tempo. un nuovo giorno. nuova notte.
buona   

lunedì 1 novembre 2010

dieci a mezzanotte

Musica - death cab for cutie - a lack of colour (ascolta mentre leggi)
Fotografia - mc - barcelona - canon 450D t: 1/6 f/5.6 





La prima nebbia mi stupisce sempre. La aspetti anche se non lo sai, anche se sono parecchi anni che te la ritrovi davanti al naso al mattino quando ancora non sei sveglio e cammini, oppure guardando fuori dalla finestra la sera prima di dormire o in macchina mentre immagini le curve che hai di fronte e che ti dividono dal dopo, dal dove devi andare. La aspetti e ti stupisce comunque perchè è un sipario. Leggero. Traslucido. Pulito. Vicino quanto basta per non farti capire quanto è lontano quello che ti sta davanti. Misterioso. Fermo, ma che lentamente e senza che te ne accorgi si sposta. In equilibrio. Naturale. Odioso. Malinconico. Odoroso di acqua che non arriverà a breve, perchè se il cielo è nuvoloso quel sipario non si farà certamente vedere. Anche i suoni non sono gli stessi, ti arrivano ovattati, lenti e appena distorti.
Che sipario, forse solo chi ha vissuto nella padana pianura può vederlo con gli occhi dello spettatore di teatro. 
La prima cosa che mi viene in mente passando attraverso la lingua biancastra e umida è... è una passeggiata, un certo tipo di passeggiata. Cerco nella mia testa e vedo, tra il ricordo e l'immaginazione, le passeggiate di luglio con la città vuota a guardarti, tu e lei piuttosto vicini, non sempre sul marciapiede che tanto di macchine non ne passano, ad ascoltare il silenzio l'uno dell'altra, per sentire meglio le finestre. Quali finestre? Quelle che d'estate restano aperte e che ti fanno ascoltare la vita che c'è oltre, lì dentro e che spinge per uscire. Senti piatti che se ne vanno da tavole vuote, televisori che parlano e cercano di coprire silenzi che si mettono tra le persone, le risate genuine e rilassate perchè d'estate c'è più...


La foto parla delle finestre. A Barcelona. La canzone della nebbia. Dappertutto.


Due scoperte: le finestre viste da fuori e la nebbia vista da dentro.


Finito il tempo. un nuovo giorno. nuova notte.
buona