martedì 15 giugno 2010

Georges Simenon - Tre camere a Manhattan

Musica - michel petrucciani, jim hall & wayne shorter - bimini (ascolta a tutto volume)


"Finalmente, Francois!".
E, subito dopo, da donna qual'era:
"Ma sei tutto bagnato..."

Combe attore francese di successo -attore di teatro siamo nel '46- si trova a New York da qualche tempo, dopo essere stato abbandonato dalla moglie.
Kay signora di origine ungherese ex moglie di un diplomatico, anche lei a New York.
Combe e Kay si incontrano. In un locale del Greenwich Village alle tre del mattino.
S'innamorano, forse dopo alcuni giorni vissuti assieme da perfetti amanti-sconosciuti o forse da subito proprio in quel locale.
Sperimentano l'amore. Intenso, disperato, senza senso, discontinuo, bugiardo, vero.

Lui alzò il braccio, un'automobile gialla accostò al marciapiede, e si ritrovarono, come migliaia di altre coppie a quell'ora, nella penombra tiepida dell'auto, con una miriade di luci multicolori che volteggiavano ai due lati della macchina.


Trovo le descrizioni di Simenon capaci di farti condividere la scena dei protagonisti come solo un dipinto di un grande artista può fare. Sei lì, dentro quel taxi, sul marciapiede di quella via, nel corridoio di quell'albergo e vedi i palazzi, percepisci l'odore pessimo dei locali abusivi di Manhattan, assaggi il whiskey e ascolti il ghiaccio tintinnare nel bicchiere, senti il freddo delle gocce che cadono all'improvviso sul cappello del passante.
Tra queste fotografie, in cui ti sembra di apparire sullo sfondo, prende forma la storia d'amore che travolge i due protagonisti nelle tre stanze che li ospitano. Entrambi attraverso i pensieri e i gesti mostrano quanto assurdo può essere il comportamento dell'essere umano innamorato. Il loro umore sale e scende come sulle montagne russe, il giro della morte è sempre dietro la curva e un niente lo può far imboccare o evitare allo stesso tempo.

Gli restava un ultimo residuo di angoscia, e se lo portava dentro passando da un isolato all'altro, in mezzo a quelle case -cubi di mattoni lungo i quali corrono scale in ferro da utilizzare in caso di incendio- in cui viene da chiedersi come faccia la gente ad avere il coraggio non tanto di vivere, il che è in fondo abbastanza facile, ma di morire.

La trama semplice è solo il filo del bucato al quale sono stese le più belle lenzuola che, mosse dal vento, raccontano l'incontro tra due persone tenute vicine da due mollette. Il finale: il vento ingrossa, le lenzuola sbattono, si liberano dalle mollette e se ne vanno punto, punto, punto

Andandosene, chiusero la porta a chiave.

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